Consulenza genetica nelle malattie neuromuscolari

share on:

di Filippo Maria Santorelli*

Le acquisizioni scientifiche degli ultimi decenni hanno dato un notevole impulso alle conoscenze delle basi biologiche di molte malattie ereditarie. In particolare, gli studi sul DNA hanno permesso di individuare i difetti molecolari di numerose malattie neuromuscolari, consentendo la messa a punto di test genetici specifici per una conferma diagnostica certa in epoca postnatale e per sfruttare le conoscenze ai fini di una più precisa diagnosi prenatale.
Ciò nonostante, è ancora numeroso il gruppo delle patologie neuromuscolari per le quali le numerose conoscenze sulle manifestazioni cliniche e le modalità di trasmissione non sono confortate da una certezza molecolare, rendendo gli studi genetici tuttora incompleti e approssimati.
Esistono infine molte malattie genetiche definite complesse – probabilmente quelle maggiormente diffuse nella popolazione generale, come ad esempio il diabete e le malattie cardiovascolari – che sono il frutto dell’alterazione di più geni i quali, insieme a fattori ambientali, contribuiscono allo sviluppo della malattia. In queste ultime malattie – così come nelle suddette condizioni patologiche – i pazienti affetti e i loro familiari a rischio hanno diritto alla migliore conoscenza possibile delle basi molecolari della patologia, delle sue modalità di trasmissione e in quale modo tutto ciò si rifletta sulle loro scelte di programmazione di vita e familiare. A rendere più complesso questo scenario è la sempre maggiore pratica nella clinica di adottare strumenti di analisi genetica massiva (sequenziamento genico di seconda generazione) che da un lato facilita lo studio di più geni (decine o centinaia) in un singolo test, dall’altro evidenzi molteplici alterazioni rare che difficilmente possono essere contestualizzate nel quadro clinico del singolo paziente.

La consulenza genetica è il processo comunicativo attraverso il quale i pazienti affetti da una malattia geneticamente determinata, o i loro familiari, ricevono informazioni relative alle caratteristiche della malattia stessa, alle modalità di trasmissione, al rischio di ricorrenza (la possibilità che possa essere trasmessa ai propri figli), alle possibili terapie, nonché le opzioni riproduttive che sono pertinenti alla loro condizione.
Il processo conoscitivo e informativo deve essere guidato dal consulente genetista, un laureato in medicina e chirurgia con particolare esperienza nel settore e conoscenza della patologia, di solito specialista in Genetica Medica, il quale può avvalersi delle competenze di altre professionalità mediche (biologi molecolari; citogenetisti; branche specialistiche di competenza della malattia o dei suoi fattori di comorbidità; servizi psicoterapeutici e assistenziali).
Il processo conoscitivo della consulenza genetica coinvolge le fasi di comprensione della storia medica del paziente, inclusa la diagnosi, il decorso della malattia e il rischio di ricorrenza nei suoi familiari, indipendentemente dal grado di parentela. Serve inoltre per comprendere come e quanto l’eredità contribuisca alle manifestazioni cliniche della malattia, per capire le opzioni offerte nell’affrontare il rischio di ricorrenza e la tipologia di azioni più appropriate alla luce dello specifico rischio, e degli obiettivi di pianificazione familiare richiesti dal soggetto.

È possibile identificare diverse tipologie di consulenza genetica, a seconda della differente richiesta del probando:
- La consulenza prenatale è l’insieme di colloqui che una coppia a rischio di malattia genetica documentata (cromosomica o molecolare) effettua con il genetista al fine di acquisire informazioni che consentano alla coppia stessa di decidere in merito all’esito della gravidanza (interruzione o prosecuzione) per ridurre il rischio di ricorrenza.
– La consulenza postnatale è l’insieme di colloqui che coinvolgono individui in età pediatrica o adulta, affetti da malattie genetiche (e i loro familiari). In questo caso, lo scopo della consulenza è quello di individuare gli eventuali portatori della malattia genetica presenti nella famiglia, di valutare il rischio di ricorrenza della patologia, suggerire il test genetico più appropriato e con la tecnologia più informativa, e le eventuali possibilità terapeutiche.
- La consulenza genetica oncologica è una forma particolare di consulenza genetica richiesta da persone appartenenti a famiglie in cui siano presenti casi ereditari di specifiche neoplasie (tumore della mammella, tumori dell’intestino) che desiderino conoscere le possibilità diagnostiche e terapeutiche per se stessi e/o la valutazione del rischio genetico della prole.

La diagnosi precisa della malattia costituisce premessa fondamentale e necessaria per poter effettuare al meglio la consulenza genetica. Può essere esclusivamente clinica, ovvero basata sulla valutazione del medico specialista e sui dati derivati da indagini strumentali, oppure può richiedere l’impiego di test genetici. Talora può essere necessario ripetere visite già fatte in precedenza o effettuarne di nuove. Spesso la diagnosi è stata già posta dallo specialista e il paziente vuole essere esclusivamente informato sulle implicazioni della malattia per la sua famiglia, valutare i rischi/benefìci di un possibile test genetico, contenere lo stato di ansia che una diagnosi di malattia rara comporta.
In genere la consulenza genetica si articola in più sedute o sessioni. Durante la prima valutazione, il consulente genetista valuterà il perché della richiesta di consulenza, il grado di conoscenza che si vuole ottenere dal colloquio e raccoglierà l’anamnesi [ossia la storia clinica raccolta dalla voce diretta del paziente, N.d.R.] personale e familiare.
Si tratta di un momento fondamentale, in cui vengono messe insieme tutte le informazioni necessarie, che possono aiutare lo specialista in genetica medica a far luce sulla reale origine genetica della malattia. Vengono annotate informazioni precise sui diversi componenti familiari, inclusi quelli deceduti, che si ritiene abbiano avuto la stessa malattia. A tal fine possono essere utili, oltre alle cartelle cliniche e alle varie documentazioni sanitarie, anche fotografie dei familiari deceduti.
Nella stessa seduta di consulenza sarà cura poi del genetista la ricostruzione dell’albero genealogico (family pedigree) in maniera grafica, per raccogliere su almeno tre generazioni le informazioni di carattere genetico della famiglia in esame. Infine, dal complesso di queste informazioni sarà possibile stabilire la necessità di ulteriori visite specialistiche per confermare o escludere altri eventuali segni minimi della malattia nel probando e nei suoi familiari e la necessità di analisi del DNA per quelle malattie genetiche in cui si conosca il difetto genetico e/o dei cromosomi tramite cariotipo (la mappa cromosomica), per le malattie cromosomiche più comuni (es. sindrome di Down, sindrome di Edwards ecc.). Prima di sottoporsi a un test genetico, è necessario che il consultando legga e approvi un consenso informato che spieghi i rischi, i limiti e le conseguenze di tali esami. Con l’amplificarsi delle possibilità di analisi del DNA ad un costo accettabile per il sistema sanitario, è possibile che nuove metodiche vengano proposte e che il consenso venga ripresentato quando si espandono gli studi sul DNA alle nuove conoscenze.

Da tutte le risultanze di queste prime valutazioni, il genetista potrà determinare il calcolo del rischio genetico, ossia la possibilità che una condizione patologica a base genetica presente nel probando si verifichi nuovamente in altri membri appartenenti alla stessa famiglia.
Il calcolo del rischio si basa sull’accertamento della modalità di trasmissione della malattia, sui dati strumentali e di laboratorio disponibili e sulla posizione del probando all’interno della famiglia. Il rischio genetico può essere fornito in termini probabilistici o con un valore percentuale.
La consulenza genetica è un processo di apprendimento e prevede una continua comunicazione per accertarsi che il probando abbia accuratamente inteso il significato e le conseguenze degli argomenti in discussione. La consulenza non è mai direttivanon potendo e non dovendo influenzare le possibili decisioni del probando o della famiglia. E tuttavia, le sessioni di acquisizione dei dati, comunicazione dei risultati e valutazioni del rischio globale dovrebbero porre i richiedenti nella migliore condizione per effettuare scelte consapevoli.
Alla fine dell’intero processo, al paziente dovrebbe essere offerto un riassunto scritto dei maggiori argomenti trattati. In genere il riassunto viene fornito sotto forma di lettera per una memoria permanente degli aspetti approfonditi, offrendo la possibilità al paziente di far sedimentare l’informazione magari anche tramite successivi colloqui.

In sintesi, la consulenza genetica si propone di rispondere nella maniera più esauriente, completa e comprensibile da un non addetto ai lavori, alle seguenti domande:

- «La malattia di cui soffro è ereditaria?»
- «La malattia di cui è affetto un mio familiare è ereditaria?»
- «Posso svilupparla anch’io?»
- «Posso trasmetterla ai miei figli?»
- «Esiste un test che mi consenta di sapere con assoluta certezza se ho trasmesso la malattia di cui soffro a mio figlio? E anche prima che questi nasca?»
- «A che epoca si svilupperà la malattia genetica?»
- «Esistono opportunità per la terapia

La professionalità del consulente genetista dovrà offrire risposte comprensibili sulla base delle conoscenze più recenti della letteratura medica. Durante l’intero arco del procedimento di consulenza sarà necessario il sostegno psicologico adeguato, in caso di conferma di malattia genetica, anche tramite il ricorso ad altri professionisti, medici e non medici, per raggiungere al meglio gli obiettivi della consulenza genetica stessa.

Il termine comorbidità (o comorbilità) indica la presenza contemporanea nella stessa persona di più patologie che tra loro non presentano alcun nesso causale.

Appendice 1
Raccomandazione n. 9, tratta da European Commission Science and Society, 25 Recommendations on the ethical, legal and social implications of genetic testing:
…a) in ambito sanitario, il test genetico deve essere accompagnato da tutte le informazioni importanti al riguardo e, quando sia appropriato, dall’offerta di una consulenza individuale e di un parere medico (nel caso di un test genetico altamente predittivo per malattie gravi, la consulenza specifica dovrebbe essere obbligatoria ed pazienti dovrebbero essere fortemente incoraggiati ad approfittarne);
– devono essere organizzati a livello europeo specifici programmi educativi sulla consulenza e lo scambio di esperienze nel campo;
– devono essere stabiliti ed essere resi obbligatori specifici standard di qualifica e di qualità per coloro che sono impegnati nel fornire consulenze genetiche, siano essi clinici che non-clinici;
– devono essere resi disponibili mezzi finanziari adeguati per tale formazione ed il successivo accreditamento;
– devono essere sviluppati standard europei generali per i principi fondamentali della consulenza genetica da gruppi medici professionalmente importanti, nei quali si tenga dovutamente conto del punto di vista del paziente.

Appendice 2
Test genetici presintomatici. I test genetici sono definiti presintomatici quando identificano il rischio di sviluppare una malattia in futuro in una persona non affetta al momento dell’analisi, e che appartiene a una famiglia nella quale uno o più individui hanno una malattia ad esordio tardivo. Un risultato patologico dell’analisi indica che quella persona è destinata a sviluppare la malattia a un certo momento, anche lontano, della sua vita (ad es. la corea di Huntington). Questa informazione è importante in quanto consente di attivare interventi preventivi che possono incidere sulla morbilità e sulla mortalità e, soprattutto, consente alle famiglie di razionalizzare la loro pianificazione familiare e per il futuro. Nei familiari che invece non hanno la mutazione si eliminano lo stato d’ansia e si evitano indagini inutili. È importante in questi casi avvalersi del supporto del consulente psicologo, per valutare – caso per caso – l’utilità di accesso a tale tipo di test ed il livello di comunicazione accettabile dal singolo. Va inoltre tenuto conto dei vantaggi in termini di possibilità terapeutiche derivanti da una diagnosi precoce di patologia genetica “ad esordio tardivo”. Il consenso attuale è che il test debba essere offerto solo nei casi in cui una diagnosi precoce possa essere seguita da una terapia che cambi il rischio di morbilità del paziente (esempi il test per la diagnosi di tumore della mammella o di poliposi familiare del colon).

*Unità Operativa di Neurogenetica, Istituto di Neuropsichiatria Infantile (INPE), IRCCS Fondazione Stella Maris, Calambrone (Pisa). Presidente della Commissione Medico-Scientifica UILDM.
Testo aggiornato nel mese di dicembre 2017.

Per ulteriori dettagli o approfondimenti:
Coordinamento Commissione Medico-Scientifica UILDM, c/o Direzione Nazionale UILDM, tel. 049/8021001, commissionemedica@uildm.it.

Ritratto di admin

Margaret

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut at vulputate sem, at efficitur nibh. Aliquam sit amet nulla vel ipsum ornare commodo a a purus