resilienza - antifragilità

Cambio io, cambia il mondo

* Di Giulia Franchini, Gruppo Psicologi UILDM

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1993, in seguito all’approvazione della Dichiarazione per l’eliminazione della violenza contro le donne. Tutto risale al 25 novembre 1960, quando nella Repubblica Dominicana furono uccise tre sorelle attiviste per volere del dittatore al governo. Diversi anni dopo, nel 1981, in occasione del primo incontro femminista svoltosi in Colombia, fu stabilito di celebrare il 25 novembre come la Giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal e non solo. Le Nazioni Unite hanno scelto di ufficializzare la data scelta dalle attiviste latinoamericane per invitare i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a promuovere attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più gravi violazioni dei diritti umani.

Ma cosa intendiamo quando parliamo di violenza?
Con violenza si intende un’azione volontaria, esercitata da un soggetto su un altro mediante l’abuso della forza, che provoca dolore, anche indirettamente, in modo da obbligarlo ad agire contro la sua volontà. L’abuso della forza può essere non solo fisico, ma anche espressione di violenza solo verbale, o psicologica (ricatti, intimidazioni, minacce, plagio, l’imposizione d’autorità contro la volontà del soggetto). In senso più ampio possiamo assimilare la violenza ad un evento traumatico, singolo o ripetuto nel tempo, che la persona, e chi gli sta vicino, si trova ad affrontare.

Tutt* ci troviamo a dover affrontare importanti sfide nel corso della vita ed ognuno di noi ha un modo tutto suo di affrontare e gestire le difficoltà: alcune persone di fronte a situazioni di crisi o di disagio persistenti possono uscire dalle stesse avversità rafforzate e arricchite, rifiorire. In queste situazioni ecco allora che la vulnerabilità diventa una risorsa. Questo cambio di prospettiva è utile per invertire una tendenza comune che si ha quando si affronta questo tema, che è quello di depotenziare la vittima, relegandola ad un ruolo passivo.

Come un sistema antifragile subisce l’evento traumatico, lo fa proprio, e lo sfrutta per migliorare, anche chi subisce violenza può utilizzare la violenza in senso trasformativo e decidere di cambiare la propria vita. Per quanto crudelmente si sia stat* ferit*, nulla e nessuno potrà mai offuscare il nostro intrinseco valore. E partendo dal riconoscimento di questo valore e dal rispetto della propria vita, sfruttando le proprie risorse, riuscendo a chiedere aiuto all’altro, a contare su una rete di sostegno, che si può trovare il coraggio di dire a noi stess* che non permetteremo che quella terribile prova ci sconfigga.

Darsi la possibilità di sentire e riconoscere il proprio valore automaticamente ci fa dire non me lo merito, mi merito di più e questo, di nuovo automaticamente restituisce anche valore all’altro. Una donna vittima di violenza che decide di interrompere il ciclo della violenza non sta dicendo solo a sé stessa che si merita di meglio ma anche all’uomo che ha commesso violenze che può essere migliore di così, che può comportarsi diversamente. Questo crea un cambiamento, che si propaga e trasforma la società.

Il cambiamento può essere anche innescato in ottica preventiva, e non solo come reazione ad un problema già accaduto. In un’ottica più allargata, la vulnerabilità non riguarda solo la persona che si trova ad affrontarla o il contesto di chi sta intorno ma in generale è un fattore culturale anche se la società lo relega alla vita personale, o al massimo alla famiglia. Infatti viene chiamata “violenza domestica”.

La violenza di genere non è un “problema domestico” che non ci riguarda, è un problema relativo a un sistema culturale che in qualche modo incolpa le donne del male che subiscono. In generale, ogni violazione dei diritti umani colpisce un’intera parte del genere umano che viene perseguitata, picchiata, uccisa o discriminata solo perché facente parte di quel genere o perché ha determinate caratteristiche.

Accade in tutti i Paesi del mondo, compresa l’Italia, in maniera più o meno sottile, strutturata o sistematica, e in alcune parti del mondo è addirittura legalizzata. È quindi fondamentale educare la comunità su certe tematiche, attraverso il dialogo, la sensibilizzazione e formazione/informazione, partendo dal piccolo, partendo da noi.
Grazie, quindi, a te che stai leggendo.

«La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia.» (Mahatma Gandhi)

 

*Il seguente testo è un approfondimento a partire dall’intervento presentato dalla dottoressa Franchini durante il webinar UILDM “Attraverso la violenza. Possibili percorsi per non rimanere fermi nel trauma. Dati e pratiche per contrastare la violenza sulle donne con disabilità” del 25 novembre 2022. Lo puoi vedere cliccando qui 

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