di Angela Berardinelli*
Le atrofie muscolari spinali (dall’acronimo inglese, SMA) sono un gruppo di patologie dovute alla degenerazione delle cellule delle corna anteriori del midollo spinale, cellule deputate all’innervazione motoria della muscolatura scheletrica.
Ne esistono diverse forme che vengono classificate in relazione al difetto molecolare sottostante: si parla quindi di amiotrofie Spinale legate al gene SMN1, sito sul braccio lungo del cromosoma 5 (indicato con : 5q), dette globalmente SMA 5q e forme SMA non 5q. La classificazione può anche derivare dalla sede prevalente del difetto di forza che può essere prossimale o distale agli arti. In questa scheda tratteremo solo delle SMA 5q, sicuramente a prevalenza nei distretti prossimali.
Si tratta di malattie ereditarie frequenti nell’età evolutiva, caratterizzate da ipotonia muscolare (riduzione del tono muscolare ed eccessivo rilasciamento del tessuto), difetto di forza generalizzato, ma prevalente a carico della muscolatura prossimale degli arti (quella più vicina al tronco), e riduzione/assenza dei riflessi osteotendinei.
Forme e classificazioni
Esiste una grande variabilità tra tutte le forme: dalla forma gravissima, con esordio a volte addirittura in epoca intrauterina, a forme molto più lievi, con esordio più tardivo. Il difetto genetico è lo stesso, la delezione omozigote (cioè su entrambi gli alleli) del gene SMN1, trasmesse come modalità autosomica recessiva. Vi è anche una forma ad esordio adulto e la cosiddetta forma IV, che può non presentare la classica delezione del gene SMN1.
La classificazione delle SMA 5q si è sempre basata da un lato sull’età d’esordio, ma ha attualmente un valore più scolastico che pratico. Distinguiamo.
- SMA 1 o malattia di Werdnig-Hoffman;
- SMA 2 o forma intermedia;
- SMA 3 o malattia di Kugelberg-Welander.
- Si è aggiunta la forma 0, con esordio nella vita intrauterina.
Un documento di Consenso sullo Standard di Cure per le SMA (Consensus Statement for Standard of Care in Spinal Muscular Atrophy, in «Journal of Child Neurology», vol. 22, n. 8, agosto 2007, pp. 1027-1049) ha sottolineato invece quanto sia più importante utilizzare una classificazione basata sulle condizioni funzionali dei pazienti, dividendoli in:
- “non sitters”, ovvero le forme più gravi, nelle quali i pazienti non acquisiscono la capacità di stare seduti da soli;
- “sitters”, vale a dire quei pazienti che invece possono stare seduti da soli;
- “walkers”, cioè le forme lievi, che consentono l’acquisizione della deambulazione autonoma.
A queste grandi categorie sono comuni le principali problematiche cliniche, declinate in varia gravità e reciproca importanza per ciascun paziente.
Caratteristiche cliniche delle varie forme
Caratteristica comune a tutte le SMA 5q è la compromissione generalizzata e simmetrica della muscolatura, maggiore però a carico degli arti inferiori e in particolare dei muscoli prossimali (quelli - come detto - più vicini al tronco).
La muscolatura mimica del volto è generalmente indenne, così come quella che determina il movimento degli occhi. Nelle forme più severe - ad esordio precoce e maggiore estensione del danno motoneuronale - si può osservare un mento piccolo e abitualmente arretrato rispetto all’arcata dentaria superiore.
La sensibilità è sempre conservata (la persona sente il caldo, il freddo e il dolore, percepisce la posizione del suo corpo nello spazio ecc.), il sistema nervoso centrale non è interessato, il livello intellettivo e lo sviluppo del linguaggio sono del tutto normali. I riflessi osteotendinei sono generalmente assenti nelle forme più gravi, mentre in quelle più lievi sono molto ridotti e successivamente assenti.
Come già accennato, la gravità del deficit di forza e conseguentemente le abilità motorie raggiunte (la capacità di stare seduti e di deambulare) consentono di distinguere tra le varie forme, insieme all’età di esordio.
Globalmente si può dire che i problemi respiratori possono essere rilevanti, mentre il cuore non è mai interessato. Nelle forme più gravi possono associarsi problemi di deglutizione e di reflusso gastroesofageo.
I problemi respiratori
Sono in realtà proprio i problemi respiratori a condizionare la prognosi di questi pazienti. A seconda della gravità della forma, infatti, essi saranno presenti con diversa entità: gravissimi e precoci nella SMA 1, molto meno gravi e più tardivi nella 2, di solito rari , e comunque di entità moderata o assenti nella 3b ( ad esordio più tardivo) mentre le forme 3° tendono a comportarsi come le forme 2 meno severe.
I problemi derivano dal deficit di forza a carico dei muscoli respiratori. Normalmente, durante la respirazione utilizziamo il muscolo diaframma e i muscoli intercostali, che insieme contribuiscono ad espandere il torace, consentendo l’afflusso di aria.
In generale nelle SMA il diaframma - di per sé molto forte - è relativamente risparmiato, ciò che permette una discreta espansione del torace. I muscoli intercostali sono invece abitualmente compromessi, con diversa gravità nelle diverse forme.
Quando i muscoli intercostali sono gravemente interessati (ciò che di solito è correlato alla precocità di esordio della patologia) o se la situazione è aggravata dall’insorgenza della scoliosi - aspetto spesso molto importante nelle SMA - si possono avere problemi respiratori gravi, tali da richiedere l’assistenza ventilatoria meccanica.
La debolezza dei muscoli respiratori genera anche difficoltà nella tosse e nell’espettorazione ( cioè nell’emissione di secrezioni dalle vie aeree). La difficoltà nel tossire ed espettorare facilita l’insorgenza di eventi infettivi acuti, che complicano il quadro cronico e che richiedono un’adeguata gestione.
La tabella 1 in allegato riassume le caratteristiche delle singole forme, utilizzando la sottoclassificazione più attuale.
Basi molecolari delle SMA
La SMA 5q è dovuta a delezione omozigote (nel >98% dei casi) del gene SMN1. Il gene SMN è presente in due copie, SMN1, e SMN2. Solo l’assenza (delezione) della copia SMN1 determina la malattia.
I due geni sono uguali in tutto tranne che per cinque aminoacidi e questa piccola differenza fa sì che esse costruiscano due proteine - dette proteine SMN - un po’ diverse. Solo il gene SMN1 è in grado di sintetizzare una proteina completa, mentre SMN2 produce una proteina SMN completa in minima quantità, e prevalentemente una proteina SMN ridotta, non funzionale, che viene degradata. Il gene SMN2 può essere presente in un numero variabile di copie ed il numero correla con la gravità fenotipica delle SMA: tanto maggiore è il numero di copie, tanto più lieve è la manifestazione.
La diagnosi prenatale è possibile, se la coppia ha già avuto un figlio affetto, mediante villocentesi, possibile a partire dalla decima settimana di gravidanza.
Attualmente in Italia non è ancora previsto lo screening dei soggetti portatori, che potrebbe consentire la diagnosi prenatale nelle coppie che sanno di essere portatrici della delezione, e scelte riproduttive della coppia.
La possibilità attuale di disporre di terapie che modificano in modo sostanziale la storia naturale della malattia, solleva attualmente problematiche al riguardo.
Diagnosi
È importante innanzitutto la valutazione clinica: il quadro descritto qui sopra è infatti molto caratteristico e consente spesso, soprattutto nella forma I, di ipotizzare la diagnosi.
Il citato documento di Consenso sullo Standard di Cure per le SMA ha definitivamente suggerito di passare immediatamente all’analisi molecolare del gene SMN, se il sospetto clinico è molto importante, senza effettuare esami più invasivi. Le linee guida internazionali non prevedono l’esecuzione di Elettromografia né -tanto meno- di biopsia muscolare per la diagnosi.
Se l’analisi molecolare risultasse negativa, si dovrà rivalutare il bambino dal punto di vista clinico ed eventualmente procedere ad altri test strumentali.
Va ricordato poi che nell’1-2% dei casi la malattia è dovuta a mutazioni puntiformi e non a delezioni e questo spiega un primo risultato negativo dell’analisi molecolare. In questi casi il gene andrà sequenziato, lavoro molto lungo e impegnativo e che spesso richiede l’utilizzo della biopsia muscolare.
Nel sospetto clinico, il Pediatra dovrebbe sempre inviare il paziente a un Centro Specializzato di riferimento, affinché sia l’iter diagnostico, sia la successiva comunicazione diagnostica e le indicazioni per la gestione siano date da persone che conoscono bene la malattia.
Trattamenti
È attualmente disponibile un farmaco che, pur non “cancellando” la malattia in chi ne è affetto, apre la prospettiva di un decorso meno severo e, se somministrato precocemente, permette un buon recupero funzionale.
Il farmaco, disponibile in commercio dalla scorso mese di ottobre (2017), si chiama Nusinersen ( nome commerciale Spinraza), ed è approvato in Italia per tutte le forme di SMA. In altri Paesi Europei la sua indicazione è limitata alle forme più severe. Il farmaco agisce proprio sul gene SMN2, “costringendolo” a produrre una proteina SMN completa e funzionale, vicariando quindi il gene SMN1.
La somministrazione del farmaco avviene per via intratecale, cioè per “puntura lombare”, con 4 dosi ravvicinate (di carico) e poi una iniezione ogni 4 mesi, per un arco di tempo al momento non definibile.
Gli studi ne hanno dimostrato l’efficacia nei soggetti pre-sintomatici trattati e anche nei soggetti sintomatici trattati nei primi anni di vita. Non abbiamo, ad oggi, dati sull’efficacia nei soggetti più grandi, con forme più lievi, perché non sono stati inclusi nel trial. Infatti, Spinraza è stato rapidamente immesso in commercio dopo i risultati ottenuti sulle forme più severe e sui pre-sintomatici.
La tollerabilità del farmaco è buona e gli effetti collaterali registrati nei trials-peraltro scarsi-sono stati quelli legati alla Puntura Lombare, e non al farmaco in sé.
Naturalmente l’efficacia è maggiore nei bambini piccoli e appena diagnosticati, rispetto a bambini con una storia di malattia più lunga, ma in ogni caso deve essere chiaro che le manifestazioni cliniche della malattia fanno seguito alla perdita di molti motoneuroni, pertanto la terapia con Spinraza, non può essere intesa come una “cura” che faccia “scomparire” la malattia, ma è comunque un aiuto consistente nel trattamento dei bambini affetti da SMA.
La somministrazione per via intratecale, inoltre, pone problemi ( e diventa talora impossibile) nei soggetti che abbiano gravi scoliosi e che siano stati sottoposti a intervento di artrodesi della colonna per la scoliosi.
Da quando sono stati resi noti i risultati dei trial e da quando il farmaco è stato commercializzato, gli ortopedici –negli interventi sulla colonna, fanno in modo di lasciare un accesso per la terapia.
Altri farmaci sono in prossimo arrivo. Si sta studiando un farmaco con meccanismo di azione analogo a Spinraza, ma somministrabile per bocca.Qualora i risultati fossero positivi, la maggiore facilità di accesso sarebbe ovviamente un grande vantaggio.
Sono anche in corso studi di terapia genica, con la somministrazione del gene mancante (SMN1) attraverso l’iniezione endovenosa di virus simili ai virus dell’influenza (non virulenti), che hanno la capacità di integrarsi nel DNA.
Anche altre molecole sono in corso di studio.
Indipendentemente dall’ottimismo arrecato dalle novità farmacologiche, non va dimenticato che l’efficacia del farmaco va anche correlata a tutte le strategie di presa in carico dei bambini con SMA, secondo gli standard di cura internazionali.
Globalmente, i punti cardine del trattamento delle persone affette da SMA consistono in:
- sorveglianza delle complicanze respiratorie, intese sia come gestione degli aspetti respiratori, sia come monitoraggio della funzionalità respiratoria in veglia e della possibile insorgenza di disturbi respiratori in sonno, sia del drenaggio delle secrezioni bronchiali (anche con ausili) e, quando necessario, con l’impostazione della ventilazione meccanica non invasiva;
- gestione delle problematiche nutrizionali, sia e soprattutto della disfagia nelle forme più gravi, sia di un adeguato supporto nutrizionale in corso di infezioni respiratorie, sia dello studio di un’alimentazione adeguata per evitare i frequenti problemi di sovrappeso/sottopeso che incidono negativamente sulle condizioni generali di salute dei pazienti
- contenimento/correzione della scoliosi e delle retrazioni, con gestione e supporto della funzionalità motoria residua al fine di garantire la maggiore autonomia funzionale possibile (compresi gli ausili volti a favorire la maggiore autonomia funzionale possibile)
- presa in carico del paziente e del nucleo familiare con particolare attenzione agli aspetti emotivo-relazionali.
I vari interventi vanno “modellati” sulle esigenze del singolo caso e della specifica situazione. Meno importanti sono, in genere, i controlli cardiologici.
Anche nelle SMA, infine, la ricerca clinica continua a concentrarsi non solo su nuove terapie ma anche sulla ricerca di scale di valutazione e di misure di outcome sempre più idonee per disegnare e valutare al meglio eventuali trial farmacologici sperimentali.
*Fondazione Istituto Neurologico Nazionale “Casimiro Mondino” di Pavia.
Testo redatto nel dicembre 2017/gennaio 2018.
Per ulteriori dettagli o approfondimenti:
Coordinamento Commissione Medico-Scientifica UILDM
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