Che cos'è un trial clinico

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di Filippo Maria Santorelli*

Il termine “trial clinico” definisce uno studio clinico farmacologicobiomedico o salute-correlatosull’uomo, che segue dei protocolli predefiniti. Lo scopo è quello di verificare che una nuova terapia sia sicura, efficace e migliore di quella normalmente impiegata e correntemente somministrata. Il trial clinico è parte integrante cosiddetta medicina basata sull’evidenza, offrendo modalità organizzate e scientifiche per le migliori prove e sperimentazioni possibili e ottenendo risultati sui vantaggi e gli svantaggi dei diversi trattamenti. Senza i trial clinici, il progresso nella lotta contro le malattie sarebbe bloccato.

Gli studi pre-clinici
Se lo scopo di un trial clinico è quello della migliore efficacia di un trattamento sanitario, è importante dunque che si seguano percorsi scientificamente congrui. Prima che una nuova terapia possa essere somministrata ai pazienti, le ipotesi scientifiche che hanno portato alla messa a punto del nuovo trattamento devono essere dimostrate in modalità controllate, e simulate in laboratorio. Si deve condurre cioè un’estesa ricerca pre-clinica per ottenere risultati che dimostrino il potenziale efficace della cura nei confronti della malattia.
Gli studi pre-clinici hanno lo scopo di determinare le caratteristiche farmacologiche delle nuove molecole e delle terapie “genetiche”, sia con ricerche sugli animali, sia con studi sperimentali su cellule, anche dei malati (i cosiddetti studi “in vitro”). Si eseguono inoltre prove sulla stabilità chimica della molecola e studi tecnici per definire la formulazione del migliore dosaggio per iniziare a sperimentare nell’uomo.
La durata degli studi pre-clinici è in media di tre-cinque anni o anche di più e meno del 50% delle molecole provate in animali o in laboratorio passa, per il suo potenziale terapeutico, alla sperimentazione sull’uomo.

Gli studi clinici sono ricerche condotte su soggetti umani volontari allo scopo di dare una risposta ad alcuni quesiti scientifici. La sperimentazione clinica nelle distrofie muscolari, ad esempio, tenta di sciogliere alcuni nodi relativi alla prevenzione, la diagnosi e allo sviluppo di nuove terapie con l’intento di curare diversi tipi di malattie muscolari. Allo stesso tempo, gli studi clinici forniscono spesso informazioni importanti per chiarire i meccanismi biologici della malattia. La sperimentazione clinica è quindi una delle ultime tappe del lungo processo di sviluppo di un nuovo farmaco, che inizia in laboratorio, prosegue attraverso la fase delle prove pre-cliniche sugli animali e successivamente, una volta che il farmaco è stato dimostrato sicuro ed efficace sugli animali, passa alla fase clinica. Gli studi clinici consentono ai ricercatori di stabilire il corretto dosaggio e il metodo di somministrazione più adeguato, forniscono una modalità per confermarne l’efficacia e consentono di individuarne eventuali effetti indesiderati. Inoltre, sulla base di questi dati, gli enti sperimentazione sull’uomo.

Cosa significa partecipare ad uno studio clinico
Il successo di uno studio clinico dipende dalla dedizione e dall’impegno di medici, ricercatori e pazienti. Ecco perché è importante capire il processo in base al quale si svolge, i benefici e i rischi della partecipazione alla sperimentazione e gli strumenti a disposizione di medici e pazienti per individuare gli studi clinici di loro interesse.
Partecipare ad uno studio clinico può consentire di accedere a terapie nuove ed efficaci, prima che esse possano essere commercializzate.  Chi volontariamente partecipa ad uno studio clinico lo fa per ottenere maggiore attenzione medica e scientifica al loro caso, altri per ricevere le cure più recenti disponibili o per assumere un ruolo più attivo nelle scelte terapeutiche che influenzeranno la loro vita e quella di futuri pazienti. Anche se partecipare ad uno studio clinico non garantisce che il farmaco sperimentato sarà efficace e privo di effetti collaterali, tutti i pazienti svolgono un ruolo sperimentazione sull’uomo.

Le fasi della ricerca clinica
La sperimentazione clinica finalizzata allo sviluppo di nuove terapie nelle malattie muscolari si compone di quattro fasi, ciascuna delle quali ha lo scopo di rispondere a quesiti specifici attinenti alla sicurezza e all’efficacia del farmaco testato. In tutte queste fasi, i ricercatori controllano attentamente la reazione dei pazienti al trattamento, per garantirne la sicurezza. Gli studi clinici sui nuovi farmaci, per la natura stessa della malattia, per lo più confronta i nuovi farmaci ai migliori trattamenti standard disponibili al momento dello studio, risultato di ricerche precedenti. In uno studio clinico, ogni fase si basa sui risultati delle ricerche condotte nelle fasi precedenti, per cui il trattamento sperimentato nella fase I potrà passare alla fase successiva solo quando sarà stato dimostrato che esso è almeno tanto sicuro quanto il trattamento standard corrente. Prima che il farmaco passi alla fase successiva della sperimentazione, i dati ottenuti vengono analizzati e approvati da un comitato di revisione.

La fase I dura circa 1-2 anni e viene condotta generalmente su volontari sani. Essa comprende lo studio della tollerabilità, della farmacocinetica, del metabolismo e della farmacodinamica. Il numero di pazienti è di solito tra meno di 50. Si somministrano inizialmente frazioni delle dosi usate sugli animali, aumentandole fino a determinare la dose massima tollerabile nell’uomo e verificando attentamente qualsiasi effetto indesiderato dannoso. Si tratta quindi di studi con scopi conoscitivi e non curativi perché permettono di stabilire analogie e differenze con i dati rilevati negli studi pre-clinici fornendo elementi sull’attività terapeutica futura e sul dosaggio da impiegare nell’uomo. Se questa fase viene superata, il Ministero della Salute e gli Enti Sanitari Regolatori danno il via libera alla fase II per la sperimentazione allargata.

Gli studi di fase II continuano a studiare la sicurezza del nuovo farmaco, valutandone al contempo l’efficacia. E’ il momento in cui la molecola viene somministrata per la prima volta ai pazienti per cui era stata studiata. A questo punto vengono coinvolti pazienti in numero maggiore, per lo tra le 25 e le 100 persone, allo scopo di delineare il profilo farmacodinamico. In malattie rare come ladistrofia muscolare, i numeri dei pazienti coinvolti nella sperimentazione sono inferiori, proporzionati alla ridotta frequenza della patologia. I criteri di ammissione, inoltre, sono molto più restrittivi, al fine di costituire campioni di soggetti che siano il più possibile omogenei e che possano dare minore variabilità di risposta. Gli studi in fase II possono essere aperti – in pazienti accuratamente selezionati, con malattia in cui il nuovo farmaco è elettivamente indicato, allo scopo di identificare il dosaggio ottimale e tollerabile – oppure controllati in doppio cieco, finalizzati cioè alla conferma, in condizioni sperimentali corrette, delle dosi terapeutiche, della posologia ottimale e della tollerabilità. I risultati degli studi di fase II sono di fatto forniti alle autorità sanitarie mondiali per l’approvazione ai fini della commercializzazione. È in questa fase che c’è il rischio di stop alla commercializzazione di quei farmaci con elevato potenziale curativo, ma che servono un piccolo numero di pazienti con rare condizioni patologiche ( “farmaci orfani”).

Nella fase III si verifica su larga scala i dati emersi in fase II con una più accurata determinazione dell’efficacia terapeutica e della tollerabilità. Questo è il momento più estensivo e rigoroso di tutto il processo, quello in cui la molecola viene messa a confronto verso ilplacebo [sostanza priva di effetti farmacologici, in genere una pillola di zucchero, N.d.R.] o altri farmaci di riconosciuta efficacia, per dimostrarne il vantaggio terapeutico. Si saggiano anche gli schemi posologici per la commercializzazione e si ricercano eventuali interazioni con altri farmaci. Generalmente questi studi vengono condotti in più di un sito contemporaneamente, spesso a livello internazionale, in ambito universitario od ospedaliero, seguendo rigidi protocolli. La selezione dei pazienti è molto stringente (spesso legata allo stato di malattia od alla alterazione specifica del DNA o ai risultati di alcuni test di laboratorio, etc.) e bada che essi siano sufficientemente rappresentativi della popolazione di malati, identificando il tipo di paziente più indicato per la cura ed escludendo i sottogruppi di pazienti a rischio, per non esporli ai pericoli dello studio.
Per evitare poi che i dati siano influenzati dalle attese del paziente, la sperimentazione in fase III si esegue facendo ricorso a prove di confronto con placebo; tali prove sono distribuite a caso (randomizzazione), così come lo sono anche i pazienti, tra i gruppi oggetto di studio. Inoltre, si ricorre alla sperimentazione detta “in cieco” (il paziente o lo sperimentatore non sono a conoscenza se si sta somministrando farmaco o placebo) o “in doppio-cieco” (entrambi lo ignorano). Questi accorgimenti servono per depurare i dati clinici da eventuali “contaminazioni”, dovute a giudizi dello sperimentatore sull’efficacia di un farmaco o dalla innocente convinzione del paziente di stare meglio poiché assume un nuovo farmaco. Infine, in fase III – la cui durata è di 4-5 anni – vengono studiate anche nuove indicazioni o nuovi dosaggi terapeutici di farmaci di non nuova istituzione. Se si supera la fase III, si chiede l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco e a questo punto possono essere richieste nuove sperimentazioni, arrivando finalmente all’approvazione del farmaco stesso, con precise indicazioni per una patologia definita.

La fase IV è successiva all’immissione in commercio e include gli studi sperimentali e osservazionali per la farmacovigilanza, con la segnalazione di reazioni indesiderate e impreviste. Essa è perciò importante al fine di una pronta scoperta delle reazioni avverse e di un’appropriata risposta a tali eventi. Questi studi possono inoltre aiutare i ricercatori a comprendere meglio l’uso di un farmaco per le applicazioni approvate.

Un trial ben fatto
Perché lo studio proposto in un trial sia ben fatto, bisogna individuare con cura sia la domanda a cui si vuole dare risposta (ad esempio, le cosiddette misure di outcome, nella fattispecie delle distrofie ad esempio i parametri di miglioramento della forza muscolare o del test del cammino), sia la popolazione di pazienti arruolati nello studio (ad esempio, sottogruppi di malattia), assicurandosi che sia sufficientemente ampia e omogenea, per dare significatività statistica all’analisi dei risultati, misurando il cosiddetto Valore p, ovvero la probabilità che il risultato trovato sia dovuto al fenomeno in esame, anziché al caso. Anche le informazioni su chi non ha seguito il protocollo, o su chi si è ritirato nel corso dello studio, devono essere comprese nell’analisi finale dei dati, ciò che permette di valutare l’efficacia del trattamento nelle condizioni reali, quando cioè il paziente potrebbe non aderire al trattamento che gli era stato somministrato, ridimensionando l’efficacia complessiva e l’applicabilità, ad esempio per l’elevato numero di effetti collaterali.

I pazienti sono attori importanti nei trial clinici
I pazienti che partecipano agli studi clinici sono attori importanti in tutto il procedimento sperimentale e sono incoraggiati a fare domande e ad esprimere le loro preoccupazioni in qualsiasi fase dello studio. Sono invitati a tenere un diario e ad elencare tutte le domande che desiderano porre al proprio medico durante le visite. I pazienti possono inoltre essere accompagnati da un parente o da un amico, che li aiuta a ricordare domande e risposte. I pazienti che partecipano a uno studio clinico hanno il diritto di interrompere lo studio in qualsiasi momento. Anche gli sperimentatori, qualora avessero motivo di ritenere che lo studio può arrecare danno al paziente, possono decidere di fargli interrompere lo studio.
Naturalmente tutti i farmaci sperimentali comportano un certo grado di rischio, e i pazienti dovrebbero discutere tali rischi con il proprio medico prima di decidere se partecipare. Generalmente, tra i possibili rischi ci sono effetti indesiderati sconosciuti o più severi di quelli riscontrati nei precedenti studi clinici; una minore efficacia rispetto al previsto; e, negli studi randomizzati, l’impossibilità di scegliere il trattamento che si dovrà assumere.

La sicurezza nella sperimentazione
La sicurezza dei pazienti è assicurata da vari meccanismi a diversi livelli. Il consenso informatoè il documento con cui si comunicano ai pazienti le informazioni principali riguardanti lo studio clinico ed il suo protocollo. È prassi comune che il medico analizzi questo documento insieme al paziente prima del suo arruolamento nello studio. Il consenso informato illustra lo scopo dello studio, i benefici attesi, i rischi conosciuti e le responsabilità del paziente. Per partecipare ad uno studio clinico i pazienti devono sottoscrivere il consenso informato. Qualsiasi istituto, ospedale o centro universitario che conduca uno studio clinico ha dei Comitati Etico-Scientifici, che esaminano attentamente tutti le proposte di potenziali studi clinici.
Esistono linee guida severe per gli studi clinici sui minori. Per quegli studi che interessano bambini e i ragazzi di età inferiore a 18 anni è necessario che genitori o tutore legale esaminino tutte le informazioni sullo studio, interagiscano con lo staff dello studio, si informino sul suo funzionamento, sui suoi obiettivi, sui possibili benefici e rischi e sui diritti e doveri del minore. I genitori o il tutore legale del minore devono firmare il consenso informato e il minore deve essere informato tramite un modulo dove vengono illustrati scopo dello studio, aspettative dei partecipanti e procedure da seguire. Se il bambino è troppo piccolo per capire, il genitore o il tutore legale dovrà prendere la decisione sulla sua partecipazione allo studio.

Come trovare informazioni sull’esistenza degli studi clinici
Le informazioni sugli studi clinici condotti nel mondo possono essere ottenute da varie fonti. In alcuni casi sono i medici a suggerire al paziente un particolare studio, in altri casi i pazienti trovano informazioni sugli studi clinici su Internet. I pazienti possono inoltre contattareassociazioni di malati per chiedere informazioni sugli studi clinici in corso e su quelli programmati o per ottenere materiale informativo, libri e videocassette sulla loro malattia.

Note riassuntive
• Gli studi clinici mettono al primo posto la sicurezza dei pazienti.

  • Spesso chi partecipa ad uno studio clinico riceve controlli e cure più frequenti degli altri pazienti, e gli effetti collaterali del trattamento sono prontamente individuati, e, ove opportuno, trattati.
  • I partecipanti che assumono il farmaco testato hanno il vantaggio di essere i primi ad avere accesso a nuove terapie potenzialmente importanti.
  • Chi partecipa ad uno studio clinico dà un contributo importante al progresso scientifico e alla comunità dei pazienti con la sua stessa malattia, e crea le basi perché in futuro si sviluppino sempre più nuovi farmaci.

*Unità Operativa di Neurogenetica, Istituto di Neuropsichiatria Infantile (INPE), IRCCS Fondazione Stella Maris, Calambrone (Pisa). Presidente della Commissione Medico-Scientifica UILDM.

Ultima revisione del testo: luglio 2017 

Per ulteriori dettagli o approfondimenti:
Coordinamento Commissione Medico-Scientifica UILDM, c/o Direzione Nazionale UILDM, tel. 049/8021001, commissionemedica@uildm.it.

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