La SMA è compagna delle sue giornate, ma non le ha impedito di realizzare i suoi sogni. Paola Tricomi, 28 anni, è scrittrice e poetessa. Socia della Sezione UILDM di Catania, il 15 luglio scorso ha presentato a Catania il suo ultimo libro, “Il canto del mare”.
Chi sei? Raccontaci la tua storia.
Mi chiamo Paola Tricomi e ho 28 anni. Ho l’atrofia muscolare spinale (SMA) di tipo II. Sono nata a Catania e con i miei genitori abbiamo viaggiato molto per cercare le cure migliori perché potessi avere la miglior qualità di vita possibile.
Sono stata in cura per molti anni alla scuola di Garches [centro di riferimento per le malattie neuromuscolari a Garches, Francia, N. d. R.] con le dott.sse Leclair ed Estournet che ancora oggi vorrei ringraziare per aver creduto che, nonostante una patologia fortemente invalidante, si possano fare molte cose nella vita e per aver speso la loro vita nella ricerca del miglior trattamento possibile.
La mia vita non è stata solo un ospedale, ma tanto altro. Ho studiato Lettere classiche all’università di Catania e ho potenziato il mio percorso nella Scuola Superiore di Catania. Sono stati anni bellissimi perché facevo ciò che mi rendeva felice e intensi perché dovetti combattere molto per l’accessibilità delle aule e per tutti i servizi di cui necessitavo. Nel 2016 mi sono laureata in Filologia classica con una tesi su Dante e proseguo con uno stage presso la Scuola Normale Superiore da cui nascerà la vittoria di un dottorato.
Quando hai iniziato a scrivere? Perché?
Fin da piccola ho mostrato una propensione per il ramo artistico. Adoravo in particolare suonare il piano. Ma non sono riuscita a studiarlo approfonditamente perché a dieci anni cominciai a non muovere il braccio sinistro. Così cercai la musica nelle parole e iniziai a scrivere filastrocche e racconti. Leggevo molto e amavo riprodurre storie. La mia vita è cambiata concretamente entrando al liceo classico dove io dico sempre di aver scoperto chi sono. La filosofia, la storia dell’arte, il greco, il mito, la letteratura e la poesia erano il mio mondo. Incominciai ad amare il dialogo fra le arti, anche quella contemporanea, e ad affinare lo stile poetico.
Nel 2010 pubblicai il mio primo libro di poesie dal titolo Nel cuore, traduzione molto arrangiata di En thumo in greco antico. A questa pubblicazione seguiranno altre due: Il nome del nulla e La voce a te donata, rispettivamente del 2012 e del 2016. Per quanto riguarda la prosa, nel 2013 ho pubblicato in ebook Sahel. Lettere perdute di te e da un mese è edito Il canto del mare i cui proventi delle vendite saranno devoluti al Centro Clinico NeMO.
Che cosa provi quando scrivi?
Ho la percezione di fare qualcosa per cui ho una naturale propensione, ma allo stesso tempo cerco una ricongiunzione con tutto ciò che mi sembra perduto, accanto a una ricerca di senso di ciò che pare assurdo. Impresa impossibile e forse insensata.
Quali sono gli autori a cui ti ispiri?
Nonostante adori moltissimi autori della grande letteratura di tutti i tempi, la mia ispirazione nasce sempre dalla vita reale e dagli incontri che determinano chi siamo. Le persone più fragili mostrano ai miei occhi sempre un coraggio da raccontare.
Che mondo vuoi presentare a chi ti legge?
Presento un mondo sommerso sul filo della realtà che tutti vediamo e per questo, a tratti, onirico. Eppure ricerco una propensione alla concretezza e al contatto umano: amo che la parola possa cullare l’animo di ognuno di noi, soprattutto nei momenti difficili.
In che modo la scrittura e la poesia ti aiutano a vivere la malattia?
Non credo che mi aiutino a viverla, ma a far emergere la mia persona celata in un corpo a cui percepisci di non appartenere e che, eppure, a toppe e buche, ti sorregge, sì.
(ap)