Mondiali wheelchair hockey: Forza Azzurri!

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Mondiali di wheelchair hockey, Italia-Germania Foto di Mirco Albrigo

di Claudio Arrigoni - Tratto da Invisibili di "Corriere.it"*

La passione e le emozioni sono uguali per tutti. Per lo sport si diceva: “Mens sana in corpore sano”, mente sana in corpo sano. Roba sorpassata, antica, sbagliata. Discriminatoria e stupida. Per fortuna è arrivato lo sport paralimpico e l’ha cancellata. Per tutti. Per chi non ci crede, ma anche per chi sa che è vero, l’occasione è ghiotta: a Monaco di Baviera, in Germania, ci sono i Mondiali di uno degli sport più belli e divertenti. Anche se chi gioca a volte muove solo la testa, o una mano, o un dito. Alla faccia del “corpore sano”. Si usa una carrozzina elettrica ed è praticato in particolare, ma non solo, da persone con distrofia muscolare e disabilità da patologie neuromuscolari. Il wheelchair hockey è uno sport da brividi. E spettacolare. Al Mondiale c’è anche l’Italia: fa il suo esordio giovedì (ore 16 con il Belgio), poi venerdì doppia gara con Finlandia (ore 9) e Germania (12.45), sabato e domenica semifinali e finali. Le gare si possono seguire in streaming (cliccando qui, su questa pagina del sito dei campionati), informazioni sul sito della Federazione italiana Wheelchair Hockey o sulla pagina facebook dei Campionati.

E’ uno sport unico. Solo la boccia, sport che a differenza del wheelchair hockey è presente alla Paralimpiade ed è giocato in particolare da persone cerebrolese, ma anche con distrofia, permette a tutti, davvero a tutti, di poter giocare, senza differenza di età o capacità di movimento. Le regole sono quelle dell’hockey. C’è chi usa la mazza e chi non riesce a tenerla in mano. Oppure riusciva la stagione scorsa e questa non riesce più, perché capita che la distrofia non si fermi. E allora si utilizza uno stick, nient’altro che uno aggeggio a croce applicato davanti alla carrozzina. Basta poter muovere la carrozzina elettrica, con la mano o un’altra parte del corpo che possa toccare un joystick. Fra i cinque giocatori in campo, grazie anche all’Italia e al buon lavoro della Federazione Italiana Wheelchair Hockey guidata da Antonio Spinelli, per regolamento devono esserci almeno due atleti che usano lo stick. Così nessuno è discriminato.

Al Mondiale ci sono fra gli altri Tiziano Fattore (Skorpions Varese), che in campionato segna a raffica, come Andrea Ronsval (Dream Team Milano) e Mattia Muratore (Sharks Monza), che è nato non con distrofia, ma con osteogenesi imperfetta, ossa di cristallo ma all’hockey non ci rinuncia, e poi Daniele Lazzari (Thunder Roma) e Marco Ferrazza (Thunder), in difesa con lo stick, e Claudio Salvo, miglior giocatore del campionato concluso con la vittoria dei suoi Coco Loco Padova, e Ion Jignea (Black Lions Venezia), anche lui “mazza”, come chiamano quelli che la usano. C’è Luca Vanoli, mazza degli Sharks, ragazzo dell’82, come Cassano, e anche lui al primo Mondiale. Solo che rispetto all’attaccante del Parma è uno che unisce il gruppo e non lo divide. Gestisce un bed&breakfast nel comasco. “Avevo 14 anni, mi piaceva praticare sci, equitazione, giocare a calcio, nuotavo a livello agonistico. Poi la distrofia. Dai 22 sono in carrozzina, a 25 ho cominciato a giocare. E non ho più smesso. Siamo una famiglia, pretendiamo ci siano anche coloro che usano solo lo  stick. E’ uno sport che unisce, fa entrare in una realtà serena, diverte”.

Wheelchair Hockey - Finali Campionato 2007/2008

E c’è Gabriele Angelini. Gioca nei Thunder Roma, una delle squadre migliori d’Italia. E’ portiere della Nazionale, come Simone Bettineschi (Sharks), quindi usa lo stick e non la mazza. Ha 17 anni, farà l’ultimo anno per diplomarsi grafico pubblicitario, è nato con distrofia di Duchenne che stava bloccando anche il cuore. Il 13 febbraio al Bambin Gesù lo operano e gli innestano un cuore artificiale. Prima dell’operazione dice: “Ehi, guardate che devo giocare il Mondiale ad agosto”. Passano poco più di quattro mesi e è a Monaco con la maglia azzurra. Caso unico al mondo. Gioca con uno spinotto alla testa dove è innestato uno spinotto con la batteria esterna che alimenta il cuore artificiale. A tifare per lui è arrivato dall’Italia il dott. Amodeo, che lo ha operato, con alcuni membri dell’equipe chirurgica. A completare gli Azzurri, l’allenatore, Giorgio Dell’Oca, e il suo vice, Saul Vadal, con il Team Manager Fabio Rodo, una delle anime della Federazione, e una figura fondamentale in uno sport dove si usano carrozzine elettriche: il meccanico, Pietro “Piter” Ravasi, ingegnere prestato al wheelchair hockey, che ha anche progettato una carrozzina proprio per questo sport. Un fenomeno.

In Italia ci sono più di 330 giocatori, divisi in 30 squadre, con 200 dirigenti e 50 arbitri. Una carrozzina può costare più di 10 mila euro (per approfondire, qui un ottimo articolo si Stefano Caredda su Superabile). Il Mondiale è il momento più bello. La Nazionale Italiana è nata nel 2002, fra i risultati c’è un terzo posto agli Europei 2005 e 2008, un quarto posto al Mondiale 2010, che si svolse a Lignano Sabbiadoro, e un quinto all’Europeo 2012 in Finlandia. Per questo Campionato ci sono gli auguri di Luca Pancalli, presidente CIP (Comitato Italiano Paralimpico), e le speranze di Spinelli (“Abbiamo un bel gruppo e un allenatore giovane, Olanda e Germania sono favorite, ma possiamo dire la nostra”). “Sono un campione”, cantano i Black Out nella canzone ufficiale dei Mondiali. Sì, qui ci sono grandi campioni.

[*Il presente testo è già apparso, con il titolo “L'Italia al Mondiale di wheelchair hockey, sport per tutti”, su “Invisibili”, blog di Corriere.it, e viene qui ripreso per gentile concessione, con alcuni adattamenti].

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Margaret

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