Le regole dei motoneuroni - Intervista a Alberto Fontana

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«Sono dei compagni di viaggio ingombranti i miei motoneuroni, che rispondono a regole con le quali devo convivere, ed è con loro che ho maturato l’immagine che ho di me e del mondo, è inevitabile».

Un libro intenso, poetico, forte e riflessivo. È uscito a novembre “Le regole dei motoneuroni” di Alberto Fontana, segretario nazionale UILDM. In queste pagine l’autore racconta cinque storie legate alla disabilità, finché in un giorno di festa nei posti della sua infanzia, sta giocando a scacchi con il padre. Ricordi, emozioni e sentimenti si rincorrono, in una lettura deliziosa che lancia messaggi potenti con una grazia straordinaria. La partita è il collante delle storie e i pezzi diventano metafora dei personaggi, perché il gioco e la vita, per certi aspetti, sono molto simili.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
È nata negli anni, viaggiando per le associazioni e scrivendo in queste occasioni. Ogni storia che ho incontrato mi ha arricchito dal punto di vista umano.

La metafora della partita a scacchi tiene le fila di tutte le storie raccontate. Cosa rappresenta per te?
Sin da piccolo ero affascinato dal gioco degli scacchi che, come la vita, ha delle regole ben precise da rispettare. La bellezza di questo gioco è esaltata dal fatto che hai un sacco di mosse a disposizione, ma la vittoria è determinata anche dalla possibilità di utilizzare la fantasia, dal desiderio di raggiungere l’obiettivo e dall’ingegno che ci metti. Nella vita è possibile scoprire la bellezza e donare un senso profondo ai nostri giorni, trasformando la sofferenza in energia positiva, ciascuno con la propria strategia. Ogni persona in queste pagine fa parte di un pezzo e di una storia che, unita alle altre, gioca l’intera partita.

Come hai scelto le storie da raccontare?
Le storie che ho scelto di raccontare in queste pagine sono diverse tra di loro e narrano il rapporto che ognuno di noi crea con la malattia, elemento fortemente presente in ogni protagonista. Riportano tutte in maniera perfetta a quel desiderio di vita che sta all’interno dell’inconsapevolezza di esistere. I protagonisti sono tutte persone che con estrema dignità, nonostante la disabilità, vivono al meglio. Si passa da situazioni che sembrano impossibili all’incontro con la malattia, alla trasformazione della vita da un altro punto di vista. Per certi versi sembra quasi che chi ha una patologia genetica dalla nascita, metabolizzi più facilmente questa consapevolezza; rispetto a chi incontra la sofferenza in maniera improvvisa. Invece ci si rende conto che alla fine ogni situazione porta a un’unica prospettiva, a un’unica storia.

Queste storie, nonostante le difficoltà oggettive, sono un inno alla vita. Qual è il segreto per vivere serenamente una condizione di disabilità?
Di fronte alle nostre malattie puoi scegliere se sentirti disperato e perseguitato dalla sfortuna o se trasformare quel momento che ti sembra insuperabile in energia per testimoniare che si può e si deve conquistare la bellezza della vita. Ognuno di noi è circondato d’amore, ma questo non potrà mai essere uno scudo nei confronti del male. Guardandoci allo specchio, dobbiamo prendere consapevolezza e accettare che nella nostra esistenza esistono il bene e il male. È solo metabolizzando questa contingenza che possiamo testimoniare quel potenziale umano che permette di trasformare la sofferenza in forza. “Se la nostra esistenza ha origine dal pensiero di Dio, dal quale riceviamo anche la libertà di vivere il nostro quotidiano come una possibilità, è grazie a questo che il prodigio di ogni vita, con le sue luci e le sue ombre, vale la pena raccontarlo, sempre”.

In questi capitoli sveli anche le tue riflessioni più profonde, il rapporto con il padre, l’amore, i tuoi figli…
Se vuoi raccontare la storia degli altri devi raccontare anche la tua. Il confronto con le persone che ti stanno accanto è schietto, diretto, sincero e racconta non solo la mia storia, ma le dinamiche che spesso accadono quando si vive una disabilità.
C’è tutto l’amore del padre per il figlio nella risposta alla domanda: “Ma se tornassi indietro mi rifaresti?”. “No, non ti farei; per me la tua impossibilità di camminare e muoverti liberamente è inaccettabile”. La partita di mio padre, come quella di tanti genitori, è stata complicata, si è dovuto “reinventare” facendo fronte alla necessità di accettare la mia malattia. So che non è stato semplice, ma ha trovato anche lui la capacità di giocare le sue mosse.

In questo romanzo le storie di Daniele, Marco, Aldo, Monica e Alberto stesso, ci fanno comprendere quanto nella vita, il cambiamento di prospettiva diviene possibilità e infine capolavoro.

(v. b.)

Ritratto di uildmcomunicazione

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